Come ormai chi mi segue sa, mi scaglio da diverso tempo contro l’orientamento e la mentalità alla base del turismo italiano, trovandomi spesso a combattere contro barriere particolarmente granitiche. Il mio discorso è che, a fronte delle immense incapacità, inefficienze e debolezze del sistema turistico nostrano, il problema di fondo sia nella completa distorsione della visione del mercato e delle potenzialità italiane.
La visione strategica del turismo in Italia rimane univocamente e erroneamente legata al prodotto, una proposizione c.d. Product Oriented invece che rivolta al mercato, ossia Market Oriented. Men che meno è orientata alle singole necessità del cliente, cioè Marketing Oriented.
Cosa intendo dire? L’Italia ha sicuramente un prodotto turistico molto forte, lo sappiamo... Quel maledetto “Petrolio d’Italia” che non smetterò mai di combattere: Arte, Cultura, Cibo. Il nostro totem insuperabile, il feticcio che c’impedisce di andare veramente oltre, ma siamo veramente sicuri che sia quel che piace o vuole la gente?
Partiamo dal presupposto che mai e poi mai io non tenga in considerazione il valore di questo patrimonio o lo voglia abbandonare, per indole e cultura personale sarebbe folle per me pensare qualcosa di simile, non voglio che ci siano più equivoci in merito.
Mi sono chiesto tuttavia, sarà forse che il mercato, cioè i turisti, cioè i nostri clienti, forse desiderano qualcos’altro, perché forse sono anche abituati a altro?
Ci si domanda, dall’alto della nostra magna presunzione il motivo per cui perdiamo quote di mercato a rotta di collo, qualcuno ha mai pensato perché forse ci rivolgiamo solo alla “nicchia” del turismo culturale e non al prodotto di massa?
Il che per carità può essere una scelta di qualità, ma di certo non si pretenda poi di raggiungere determinati numeri dei paesi competitor, ossia la quantità (leggasi Francia e Spagna che hanno molto ben interpretato il detto “Purchè se magna).
C’è da dire inoltre che quella nicchia noi la stiamo abbandonando al degrado e al deterioramento completo, ma questo non è un discorso che mi compete. Infatti non voglio rivolgermi al pubblico, che è del tutto inesistente e ignorante in materia, ma ai colleghi e agli operatori del settore.
Quando dico che bisogna andare verso il mercato internazionale, ad esempio con le proposte d’intrattenimento per i turisti, verso le ristrutturazioni alberghiere e nel rinnovare i menù f&b, mi viene contestato di svilire l’Italia, di non tenere in considerazione la nostra tradizione e amenità varie.
Signori, io parlo d’INTEGRARE, parlo di verificare cosa vuole questa gente e di riflettere che quello che pensiamo noi di noi stessi, magari NON è corretto e non è quello che il turismo di massa vuole.
Se dico che bisogna fare dei menù che propongano anche piatti internazionali, ovviamente con ingredienti di qualità italiani, è perché magari all’americano del Nebraska o al cinese del Wenzhou (che per inciso è da dove viene la maggioranza dei cinesi in Italia) può essere che del prestigiosissimo lardo pancettato di Roccamuffola o del formaggio impuzzonito della Valdiboh magari non solo non gliene freghi niente, ma che non gli piaccia, non si fidi e neanche comprenda mai di che si tratta!
Signori, questa è gente cresciuta con la Pizza di Sbarro e Pizza Hut, pensando che sia oltretutto nata in America! Che crede che il top della pasta siano gli ormai arcinoti Fettucini Alfredo e che, soprattutto, ha esportato in tutto il mondo questo modello, facendolo diventare quello di riferimento sul nostro paese, in Occidente e in Oriente. Quello che si pensa di noi nel mondo è filtrato dalla nostra immagine internazionale, in primo luogo sulla base di quella italo americana. Per molti noi siamo i “Guido” di Jersey Shore, non Umberto Eco, I’m Sorry…
Che sono una minoranza è un fatto conclamato, avviene lo stesso in Italia, guardate le ultime notizie sulla fruizione dei musei e dei prodotti culturali (neanche il 25% degli italiani visita un museo/mostra/sito all’anno, il resto neanche 1!).
Tornando al turismo, lo stesso vale per le attività che uno vuole fare in vacanza: l’osservatorio nazionale del turismo ha verificato con ricerche di mercato che per tutti i primi mercati turistici, ai primi posti come necessità ci sono SHOPPING, RELAX E DIVERTIMENTO: ARTE, CULTURA E CIBO SONO SOTTO IN CLASSIFICA!!!
Il bellissimo video del Ministero dello Sviluppo Economico
Ciò che voglio dire e che, ripeto, non deve essere equivocato è che la nostra offerta turistica deve essere INTEGRATA con ciò che non offriamo, quindi anche con l’Intrattenimento, o entertainment.
Uno non esclude l’altro, si parla di Differenziazione dell’offerta, chi l’ha fatto ne è stato ripagato sul piano internazionaleed economico, desidero riportare infatti tre casi di successo come Eataly e Darkrome, oppure in ambito alberghiero quel che stanno facendo i colleghi dell’Alto Adige.
Come dico sempre, pensate a quel che piace a voi quando viaggiate, pensate a quel che desiderate quando siete in albergo e pensate se la vostra offerta soddisferebbe voi stessi come clienti.
Cito Henry Ford che quando produsse la Model T affermò: “Ogni cliente può ottenere un'auto colorata di qualunque colore desideri, purché sia nero”, poi arrivò la General Motors che produsse le prime auto colorate e divenne, caso strano, la prima casa automobilistica mondiale. Noi ci rivolgiamo al mercato offendo solo il prodotto “Arte, Cultura, Cibo, Paesaggio” o semplicemente “Mare” con scarsi servizi, ma dimentichiamo il resto, le auto colorate, e anche la nostra offerta base è proposta in forme e modalità obsolete nel più dei casi. La tecnica turistica si è evoluta come quella di ogni altra industria, è come se noi offrissimo al mercato ancora oggi una Lamborghini Miura o una Lancia Aurelia. Splendide negli anni 50/60 e per intenditori tutt’oggi, ma di certo non propriamente rivolte al consumatore medio... La 500 è stata rinnovata e mi sembra che abbia avuto un discreto successo mondiale!
Lo scopo è dunque cercare in ogni modo di valorizzare e migliorare a spada tratta il nostro preziosissimo patrimonio, con ogni iniziativa possibile, e in questo senso eventi come l’Art Cities Exchange di Roma sono letteralmente fondamentali, invito infatti fortemente tutti gli operatori del settore a parteciparvi.
Allo stesso tempo però dobbiamo iniziare a riflettere su come integrare le nostre proposte, rinnovando le camere secondo standard moderni (luminosità, insonorizzazione, comfort del letto, wi fi gratis e tecnologie digitali); proponendoci online con siti che permettano di prenotare facilmente e velocemente; offrendo menù dove accanto ai piatti della tradizione ci siano pochi selezionati piatti internazionali, con colazione intercontinentale e non solo italiana; visite guidate agli shopping center (se possibile i c.d. centri naturali, cioè i negozi dei centri storici) e visite guidate d’intrattenimento non didascaliche; informazioni semplici e pratiche per fruire al meglio del territorio, sia cartacee che online che al front office; per chi se lo può permettere SPA e wellnes. Un occhio particolare va dato al servizio e alla gestione del contatto con la clientela, dedicando e rimodulando le forme tradizionali, sfruttando empatia e capacità di comunicazione: la formazione dei collaboratori ripaga e pure tanto!
Non mi piace parlare solo per critica o polemica, desidero sempre essere costruttivo e per tanto spero che queste proposte possano essere sempre più spesso applicate nelle aziende, sono certo che potranno offrirvi un immediato giovamento.
Quest’anno per la prima volta è stato sfondato il miliardo di viaggiatori in giro per il mondo e sempre per la prima volta in Italia oltre il 50% di presenze è stato degli stranieri e non degli italiani. Il mercato volente o nolente sarà sempre di più internazionale, compito nostro è di offrire al cliente quel che desidera, passando da una strategia product oriented ad una marketing oriented (saltando a piè pari quella orientata alle vendite che mai e poi mai ci compete, non siamo un OTA), formiamo le nostre strutture sia tangibili che intangibili aprendole al mondo e non alle nostre piccole realtà.
Posso dirvi che nelle mie iniziative private, quando ho avuto modo d’implementare azioni simili, non ricordo un caso in cui non mi abbiano dato soddisfazione.
Riporto da Wikipedia:
- Orientamento al prodotto: intorno agli anni '30 del Novecento l'impresa si concentra sulla tecnologia del prodotto, piuttosto che sul consumatore. Il rischio di questa strategia è la cosiddetta miopia di marketing (in inglese marketing myopia), cioè non accorgersi che il fattore chiave di successo per un'azienda non è dal lato dell'offerta ma della domanda, cioè del bisogno o funzione che il cliente deve soddisfare (rendendo quindi vani gli sforzi per sostenere un prodotto se esistono tecnologie alternative più comode/economiche/efficaci).
- Orientamento al marketing: consiste nella comprensione dei bisogni del cliente, per produrre i beni e quindi soddisfarli. È una prospettiva di tipo outside-in, o anche pull (capire il mercato) anziché push (spingere sul mercato). Nasce a partire dagli ultimi anni del Novecento ed è sempre in continuo sviluppo fino ai giorni nostri.
Concludo con una considerazione storica, prima della seconda guerra mondiale i grandi strateghi militari italiani dissero che i migliori caccia dovevano essere biplani di legno con due mitragliatrici. Poi ci siamo trovati a combattere contro monoplani d’acciaio armati con i cannoni…